Descrizione
La realizzazione del giardino Garibaldi (1868), con la recinzione in pietra e la sovrastante ringhiera (1875), determinava anche la risistemazione dell'adiacente via Scalinata che si mutava da cordonata in selciato carrabile, eseguito da mastro Paolo Faillaci nel 1874.
Il ‘piano di S. Francesco’ aveva ancora un assetto caotico, in parte dovuto al salto di quota tra la zona urbanizzata a monte e l’orto dei cappuccini a valle. Sul confine di quest’ultimo, verso lo slargo (oggi piazza S. Felice da Nicosia, già Dogali) si affacciavano la chiesetta dell’Addolorata e un abbeveratoio con pozzo, presenze inedite e, tuttavia, attestate dalla planimetria urbana redatta dal cappuccino Vincenzo Bruno intorno al 1840. Proprio su questo tratto della ‘strada maestra’, le piogge torrenziali trascinavano spesso fanghiglia e accumulavano immondizie tanto da ridurlo ad un “letamaio” (definizione data da un cittadino in una lettera di protesta inoltrata al Sindaco nel 1831). Un primo intervento si attuava dopo il 1834, quando l’avvallamento veniva in parte colmato livellando la strada della Libertà, nelle adiacenze del palazzo Di Salvo.
Durante la realizzazione della villa, la chiesa dell’Addolorata veniva demolita e, a partire dal 1876, si provvedeva ad innalzare il terrapieno a margine dell’attuale Via L. Settembrini, situando dietro il muraglione un nuovo tratto di acquedotto che, dal palazzo di Francesco Lo Iacono, raggiungeva la vasca del giardino pubblico, passando prima dall’abbeveratoio, ovvero, come lo si chiamava, dal “fonte di San Francesco”. Con la stessa logica di decoro urbano, nel 1883, due delibere disponevano la distruzione di “quella specie di antro che contiene un pozzo” e delle due adiacenti scalette, notizia che va correlata con la scomparsa dello stesso “fonte”. (A. Pettineo)
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Pagina aggiornata il 18/07/2023 15:32:00