Fondata a ridosso delle mura cittadine, nel 1169 era danneggiata da un violento terremoto, veniva citata in un documento del 1175, e dedicata nel 1230. Aveva originariamente un’unica ampia navata ed era orientata all’opposto rispetto ad oggi, con l’accesso principale sull’attuale via Numea, che conduce alla ‘Porta di Palermo’. Importanti modifiche strutturali intervennero tra XIII e XV per trasformarla in basilica a tre navate, ma, tra fine XVI e prima metà del XVII secolo, si soprelevò la fabbrica, con l’inversione dell’orientamento, la costruzione del transetto con tiburio. ottagonale e, soprattutto, del profondo presbiterio pensile, su un arco che cavalca la via pubblica.
La torre campanaria cinquecentesca (1521-1562), che affiancava l’antica zona absidale, fu inglobata nella nuova facciata barocca che prevedeva l’edificazione di una seconda torre gemella, iniziata alla fine del XVIII sec. e mai completata.
Il superbo portale principale (metà del XVII sec) e quello meridionale, detto ‘di S. Gaetano’ (1626), sono opere di scalpellini in arenaria locale, quello che si apre a Nord (Giorgio da Milano o Andrea Mancino e Antonio Vanella, 1494), verosimilmente smontato e rimontato più in alto, presenta invece una mostra marmorea rinascimentale: l’architrave con stemma reale aragonese e i Santi Pietro e Paolo entro medaglioni e la sovrastante lunetta con la Madonna e il Bambino tra le Sante siciliane Lucia ed Agata, l’Annunciazione e il Salvatore benedicente.
Tra le poche tracce visibili del periodo medievale sono i resti dell’originaria facciata (cantonali e portale dentro i locali dell’attuale museo parrocchiale) la pavimentazione in terracotta, la base intagliata e porzione di una colonna affrescata nel 1488 con figure di Santi, recentemente ritrovati, nonché le mostre tardogotiche e rinascimentali delle finestre aperte sulle navate e poche suppellettili liturgiche superstiti.
Il secolo XVI vede giungere da Palermo la ‘cona’ per l’altare maggiore con gli Apostoli nella predella, il Risorto tra i Santi Pietro e Paolo, l’Annunciazione e il Padre Eterno (1552), nonché il fonte battesimale e la statua della titolare Santa Lucia (1575), tutti in marmo bianco di Carrara scolpito dai Gagini, ed il monumentale ostensorio architettonico in argento di Nibilio Gagini (1601-1604). Botteghe di marmorari palermitani del ‘600 producono gli altari della Madonna dei Miracoli e della Madonna dell’Itria, alle due estremità del transetto, per conciliare all’interno della Matrice l’anima latina con quella greca ancora molto viva nella popolazione fino alla metà del XVII sec. Abili intagliatori messinesi, locali e palermitani realizzano gli stalli e il leggio del nuovo coro (1665-1809) che sostituiva quello più antico. I complessi decorati a commesso marmoreo, con altorilievi e statue, delle cappelle della Madonna dei Miracoli, SS. Sacramento e SS. Crocifisso sono dovuti alla bottega catanese di Domenico Battaglia (1732 - post 1750), mentre i rilievi in marmo bianco statuario dell’altare maggiore neoclassico sono di Francesco Ignazio Marabitti (1771). Il monumentale organo a canne con cassa barocca intagliata e dorata – ricollocato dall’ingresso principale al presbiterio nel 1875, occultando la nicchia in stucco dove era il Risorto gaginesco - è sorretto da una ricca cantoria (1657), con dipinti l’Immacolata, il Redentore e gli Apostoli. Gli stucchi di maestranze locali, palermitane e catanesi (fine ‘700) che ricoprono pareti e volte danno all’edificio il prevalente aspetto rocailles, completato da bei lampadari neoclassici coevi in legno dorato di intagliatore catanese. Ogni anno, per tutto il tempo di Quaresima, un enorme ottocentesco telo di lino, dipinto con Cristo davanti ad Anna e simboli della passione, oscura il presbiterio e si fa cadere tradizionalmente solo durante la veglia pasquale. L’archivio storico e la biblioteca annessi al sacro edificio conservano materiali a partire dal XVI secolo. Gli ambienti restaurati sotto il transetto sono sede del museo parrocchiale. (G. Travagliato)